Permessi di soggiorno in casi speciali: asilo politico, protezione sussidiaria e protezione speciale
Quando uno straniero entra in Italia ha diritto a fare richiesta di protezione internazionale allo Stato italiano, come stabilito dalla Direttiva europea 83 del 2004 recepita in Italia con il Decreto Legislativo 251 del 2007.
La domanda viene presa in carica dalla Commissione Territoriale competente che decide se concedere o meno la protezione internazionale, che può assumere due forme diverse: l’asilo politico – cioè lo status di rifugiato – e la protezione sussidiaria.
La terza forma di protezione, la protezione umanitaria introdotta in Italia nel 1998, è stata abolita dal Decreto su immigrazione e sicurezza proposto dal Ministro dell’Interno Salvini e approvato dal Parlamento il 28 novembre 2018. Il decreto ha introdotto contestualmente un permesso di soggiorno per casi speciali per alcune categorie di persone, poi rinominato protezione speciale con le modifiche al decreto approvate dal Parlamento a dicembre 2020.
Le differenze tra asilo politico, protezione sussidiaria e protezione speciale.
Asilo politico
Al titolare dello status di rifugiato può essere rilasciato un permesso di soggiorno per asilo politico. Ottiene lo status di rifugiato chi dimostri un fondato timore di subire nel proprio paese una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra.
La Convenzione di Ginevra stabilisce all’articolo 1 sancisce che è rifugiato “chi temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
Per atti di persecuzione si intende ad esempio: violenza fisica o psichica, inclusa la violenza sessuale; atti diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia; provvedimenti giudiziari, amministrativi o di polizia discriminatori o sproporzionati; sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto quando questo potrebbe comportare la commissione di crimini di guerra o contro l’umanità.
Occorre, inoltre, che questi atti siano riconducibili a motivi di razza, religione, nazionalità, gruppo sociale di appartenenza, opinione politica.
A seguito del riconoscimento dello status di rifugiato, la questura potrà rilasciare il relativo permesso di soggiorno della durata di 5 anni rinnovabili.
Questo dà diritto a chi ne è titolare di:
– Svolgere attività lavorativa sia autonoma che subordinata.
– Accedere al pubblico impiego.
– Accedere al servizio sanitario nazionale.
– Accedere alle prestazioni assistenziali dell’Inps.
– Accesso allo studio.
– Titolo di viaggio: lo Stato italiano ha l’obbligo di fornire al rifugiato un documento equipollente al passaporto.
– Ricongiungimento familiare: il titolare di asilo politico può richiedere l’ingresso in Italia dei propri familiari senza dover dimostrare i requisiti di alloggio e di reddito richiesti per i titolari di altri tipi di permesso di soggiorno.
– Cittadinanza italiana: i tempi previsti per poter richiedere la cittadinanza italiana per naturalizzazione sono ridotti alla metà, essendo necessari 5 anni di permanenza in Italia anziché 10.
Protezione sussidiaria
La protezione sussidiaria viene rilasciata dalla Commissione Territoriale competente laddove il soggetto non dimostri di aver subito una persecuzione personale ai sensi dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, ma tuttavia dimostri il rischio di subire un danno grave qualora tornasse nel suo paese di origine.
Per danno grave si intende: una condanna a morte o all’esecuzione, la tortura o altra forma di trattamento inumano, la minaccia grave e individuale alla vita derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale.
Il relativo permesso di soggiorno avente durata di 5 anni viene rilasciato dalla Questura e può essere rinnovato previa verifica del perseverare delle cause che ne hanno determinato il rilascio.
Questo dà diritto a chi ne è titolare di:
– Svolgere attività lavorativa sia autonoma che subordinata.
– Accedere al pubblico impiego.
– Accedere al servizio sanitario nazionale.
– Accedere alle prestazioni assistenziali dell’Inps.
– Accesso allo studio.
– Titolo di viaggio: la questura dovrebbe rilasciare un titolo di viaggio valido solo se il titolare di protezione sussidiaria ha valide ragioni che non gli consentono di richiedere il passaporto all’autorità diplomatica del paese di origine. Non sempre è così e dipende da quale questura: in caso di abusi o segnalazioni occorre sempre far riferimento alle associazioni che tutelano i diritti dei rifugiati.
– Ricongiungimento familiare: anche in questo caso il titolare di protezione sussidiaria può richiedere l’ingresso in Italia dei propri familiari senza dover dimostrare i requisiti di alloggio e di reddito richiesti per i titolari di altri tipi di permesso di soggiorno.
– È possibile convertire il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, rinunciando così allo status di protezione sussidiaria.
Protezione speciale
Prima della sua abrogazione con il decreto Salvini, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, detto anche protezione umanitaria, veniva rilasciato quando non sussistevano i requisiti per l’asilo politico né tantomeno quelli per la protezione sussidiaria.
Avevano diritto a tale permesso, ad esempio, coloro che adducevano in modo giustificato seri motivi di carattere umanitario per restare in Italia, quali ad esempio: motivi di salute o di età, il rischio di trovarsi in situazioni di grave violenza o instabilità politica, o in mezzo a carestie o altri disastri ambientali.
La durata era variabile anche se la prassi era una concessione per un massimo di due anni rinnovabili.
Il decreto Salvini aveva introdotto, tuttavia al posto della protezione umanitaria, la possibilità di concedere un permesso di soggiorno temporaneo per casi speciali, quali: permesso per cure mediche, per calamità, per atti di particolare valore civile, per vittime di violenza domestica, per sfruttamento lavorativo.
Una casistica decisamente ristretta che inoltre impediva la trasformazione del permesso per casi speciali in permesso per lavoro, condannando di fatto all’irregolarità le persone che andavano in scadenza.
Con le modifiche introdotte dal governo Conte II nel 2020, non si è ripristinata la protezione umanitaria ma si è passati alla nuova dicitura di protezione speciale, collegata al divieto di espulsione e respingimento in caso di rischi di tortura e trattamenti inumani e degradanti e al rispetto della vita privata e familiare, della protezione della salute e degli obblighi internazionali dell’Italia. Questa dicitura amplia notevolmente la casistica prima descritta in modo specifico; se sarà utilizzata nella stessa misura in cui veniva utilizzata precedentemente la protezione umanitaria ce lo diranno i dati.
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